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Paola Prinzivalli
Fano, Italie - italiana

Récits
Casalinga forzata

Sono le otto del mattino. Il resto della famiglia è appena uscito di casa, ognuno a fare il proprio dovere quotidiano. Seduta al tavolo della cucina, la mamma-laureata-disoccupata-casalinga forzata è ancora in pigiama. Tenta di ricordare cosa si fosse prefissata di fare questa mattina, ma proprio le sfugge. Lo sguardo corre sulla fila ordinata di film in DVD sotto il televisore, ma poi passa oltre. Guardare un film, già visto troppe volte, alle otto del mattino, sarebbe ammettere la sua depressione. Adesso non può. Magari tra qualche mese, quando la noia sarà così intollerabile da non poterne fare a meno. Accende il computer, scorre i giornali on-line, potrebbe giocare un po' a Mahjong. “Meglio di no”, decide, “vado a vestirmi”.

La mamma-laureata-disoccupata-casalinga forzata è alle prese con l'aspirapolvere: il contenitore, che aveva staccato per svuotarlo, non vuole rientrare al suo posto. Quella maleddetta scatola di plastica si rifiuta di fare lo scatto necessario alla sua stabilità. Sono quasi dieci minuti che ci prova. Si siede sul divano, esausta. Manca poco a mezzogiorno. Nella mattinata era riuscita solo a vestirsi, sedersi sul letto a fissare una venatura nel legno dell'armadio; alzarsi e passare l'aspirapolvere nella camera della bambina, sedersi sul pavimento abbracciata a un peluche; alzarsi, portare l'aspirapolvere in cucina, aprire il contenitore della polvere, svuotarlo e...

Squilla il telefono. La mamma-laureata-disoccupata-casalinga forzata sobbalza sul divano e va a rispondere. È il marito, di solito si fa sentire dopo l'ora di pranzo. Si sforza di avere un tono allegro e rassicurante, non vuole preoccuparlo, sa che in questo momento le cose non vanno molto bene in azienda. Attacca il telefono in preda al panico: si rende conto che devono essere almeno le due del pomeriggio. Mette un allarme sul cellulare per non scordarsi di andare a prendere la figlia a scuola.

È una bella giornata e fa anche caldo. Il pomeriggio trascorre al parco, seduta su di una panchina, a fissare quella formica che “chissà se ce la fa a portare quella briciola più grande di lei fino al formicaio...”. La figlia gioca con i compagni di scuola finché, ad uno ad uno, se ne vanno a casa. «Mamma ho fame!». Si alza di scatto dalla panchina, la testa le gira per lo sforzo. Tende la mano e la figlia la raggiunge: si incamminano verso la rosticceria per la cena.

Di tutte le abitudini che aveva quando era una mamma, laureata, occupata, precaria, questa non riesce proprio a togliersela.

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